martedì 29 marzo 2011

Addestramento pratico PPL

L'addestramento per diventare un pilota di aeroplani non è lasciato al caso.
Per permettere il mutuo riconoscimento di licenze e delle abilitazioni è stato definito un protocollo molto preciso per portare una persona a portare un aeroplano in maniera totalmente sicura. Il tutto è definito in un documento chiamato JAR-FCL. Parleremo in un secondo momento di questi documenti in generale.
L'addestramento è suddiviso in quattro fasi, alla fine di ogni fase c'è un check con il capo istruttore, che praticamente sancisce che sei arrivato agli obiettivi di quella fase.

Fase 1


Lo scopo della fase 1 è imparare a volare. Ovviamente è la fase più delicata, e infatti è quella per la quale sono fissati in maniera più precisa i vari passaggi.
Gli esercizi da fare sono:
  1. Familiarizzazione con l'aeroplano (caratteristiche, layout della cabina, strumenti, checklist)
  2. Azioni pre e post volo (accettazione dell'aeroplano, check pre volo, equipaggiamento richiesto, completamento e chiusura del volo)
  3. Giretto in aria! Sperimentazione del volo.
  4. Effetto comandi (effetti primari e secondari dei comandi primari e secondari di volo)
  5. Rullaggio: che non è quello delle canne, ma spostarsi in terra per andare al decollo.
  6. Volo rettilineo orizzontale: assetto dell'aeroplano a livelli differenti di potenza.
  7. Salite: entrata e uscita dalla manovra, livellamento a una quota assegnata o desiderata.
  8. Discese: come fare per scendere. Ingresso e uscita dalla manovra, discesa con e senza potenza, e scivolata d'ala.
  9. Virate: entrata e uscita dalla manovra, virate in salita, virate in discesa, uscita per prua desiderata.
  10. Volo lento: volo in secondo regime, dove un aumento della potenza si riflette in una diminuzione della velocità
    Stallo: tolgo potenza e l'aereo casca. Come casca, perché casca, come non farlo cascare troppo
  11. Spin avoidance. Ne ho parlato qui
  12. Decollo e salita fino alla posizione di sottovento
  13. Circuito, approccio e atterraggio
  14. Primo solo
E qui finisce la prima fase.
O meglio, poi si fa il check di fase 1 e la prima fase è finita.

Fase 2



In fase due si fanno alcuni voli di consolidamento di cose fatte nella fase uno, si fanno le virate accentuate (45°) si simulano le piantate motore in crociera, arrivando praticamente a terra, scegliendo il campo buono. Si fanno poi alcuni voli da solo sempre con l'idea di consolidare le capacità ottenute nella fase uno.


Fase 3


Navigazioni.
Dopo un long briefing, si sceglie un aeroporto, si pianifica una navigazione verso l'aeroporto, e poi si effettua la navigazione. Si va tante volte quanto serve, poi da soli, quando l'istruttore lo ritene opportuno.
Poi si passa a un altro aeroporto.
Si naviga a vista. Ovvero si definiscono prue e tempi, ma non è possibile definire con precisione l'effetto del vento, quindi è opportuno fissare dei waypoint riconoscibili dall'alto (incroci stradali, chiese, linee ferroviarie) che facciano correggere l'effetto dei venti.

Fase 4


Stesso discorso della navigazione, ma fatta con il supporto dei radioaiuti, come NDB, VOR e simili.


Fase conclusiva



Fatta l'ultima radionavigazione, se si hanno più di 45 ore di volo, si richiede l'esame. Fissato l'esame, si fa una navigazione di almeno 150 miglia, coinvolgente almeno due aeroporti oltre a quello di partenza. L'esame poi sarà una navigazione partendo da zero, e si va ad effettuarla con l'esaminatore.
A questo punto, si ha la licenza, e si comincia a volare per vero diletto!!!

domenica 20 marzo 2011

Luna gigante? Sì, Luna Gigante!

In merito alla Luna gigante di cui si parla tanto in questi giorni, ho voluto verificare con mano che la cosa fosse vera.
Stasera ho fatto una foto alla luna con il mio telescopio (un piccolo rifrattore galileiano 80mm/910mm) accoppiato alla mia D50, stessa identica attrezzatura usata qualche mese fa al Plas de l'Asen, per fotografare lo stesso soggetto.
Il risultato si può vedere qui sotto: la luna è visibilmente più grande.



Leggendo qui ho scoperto che ad agosto era praticamente all'apogeo, quindi la differenza è effettivamente notevole (circa 50000 km: 356577km oggi, circa 406389km allora, il dato è del plenilunio di qualche giorno dopo).
Occhio che le foto su Picasa sono state in parte reinquadrate, mentre ovviamente per il confronto ho usato gli originali...

mercoledì 16 marzo 2011

Giappone

Non avendo balcone o finestra mia dove esporre una bandiera in un giorno di festa, la espongo qui, nella mia casa virtuale.



Questa bandiera esprime la mia vicinanza con il cuore al popolo giapponese, colpito da una tragedia di proporzioni immani, e in questi giorni strumentalizzato per motivi politici. Si è abbandonata la cronaca e la logica per correre dietro a interessi personali, di parte politica o di ideologia.
Il dibattito in Italia purtroppo è diventato nucleare sì-nucleare no, ignorando in maniera quasi completa le notizie delle persone che hanno perso tutto per un terremoto che in qualunque altra parte del mondo avrebbe raso al suolo tutto.
Questa bandiera è anche per protestare contro i media italiani, catastrofisti oltre misura, non esitano a speculare su questa tragedia, montando articoli FALSI come questo, intervistando gente che non c'entra nulla. Scusate se preferisco capire cosa succede in un paese sentendo giornalisti e tecnici di quel paese e non un politicante ministro tedesco.
Quindi, Italia, nel tuo 150esimo compleanno stai dando il peggio di te...

martedì 15 marzo 2011

Volo da solo - tecnico

Dopo il post del cuore, il post della testa.

Diciamo che la giornata non prometteva molto bene: molte nuvole e molto bagnato in terra, quindi alto rischio di nebbia. Verso mezzogiorno però il tempo sembra aprirsi: visibilità oltre i 10 km e nubi sui 4000 piedi.
Arrivando in aeroporto, la manica a vento mostrava un vento tra i 6 e gli 8 nodi praticamente traverso alla pista.
Nonostante ciò è il giorno deputato. Si va in volo, debitamente nutriti, e comunque si deve aspettare il comandante perché controlli che effettivamente posso andare in volo da solo.
Però il buon I-SIVI non aveva ancora volato, quindi con il pieno di carburante, siamo pesanti. Molto pesanti.
Prima di partire, ripasso quali sono i problemi al limite superiore del peso. Decidiamo di andare comunque, visti anche i 3 km di pista.
Con un po' di apprensione, accendo l'aeroplano, che si accende al primo colpo.
Via si rulla, prova motore, tutto ok.
Decollo un po' complicato: siamo pesanti, l'aereo non accelera come al solito, e fatica a ruotare.
Comunque si sale a quota circuito, cercando di contrastare il vento, che tende a spostarmi verso la pista.
Il primo approccio è disastroso: un tratto finale di sottovento troppo breve, il vento che accorcia il tratto di base, la virata in finale che non si chiude sempre a causa del vento.
Risultato finale: go around.
Si risale in quota, e il secondo giro, allungando opportunamente il tratto di sottovento e anticipando tantissimo la virata in finale. Atterraggio pulitissimo nonostante peso e vento.
Si chiude con una simulata di piantata motore. Viro immediatamente verso l'aeroporto, ma il vento mi ci spinge addosso. Mi trovo altissimo, se non avessi una pista lunghissima, non riuscirei ad arrivarci.
Ritorno al parcheggio, e a questo punto è il mio momento. Non spengo nemmeno il motore, vanno in torre, e io faccio una delle più belle chiamate radio: "PA-28 one people on board, for some touch and go on the field".
Durante il rullaggio e la prova motore, mi tremavano un po' le gambe. Autorizzato al lineup, mi allineo, faccio tutti i controlli, e poi aspetto.
Aspetto.
Che si siano dimenticati di me?
Oh, io li chiamo, al massimo mi mandano a cagare...
Autorizzato al decollo, si parte. Il buon vecchio I-SIVI, senza il peso dei due istruttori e del carburante consumato, scatta prontamente in pista. Decollo perfetto, via i flap, si vira a destra e si infila il sottovento. Faccio quasi lo stesso errore di prima, e mi presento storto all'allineamento. Avevo appena deciso che sarei riuscito ad atterrare, quando un colpo di vento mi storta la coda allontanandomi un po' dalla pista.
Un secondo e la decisione: go around. Assetto potenza, e si ridecolla. Comunico con la torre, che mi riautorizza per il sottovento.
Mi richiamano in base chiedendomi le intenzioni. Non che io avessi particolari idee, ho chiesto un full stop. Dalla torre mi chiedono conferma, alché dico che faccio quello che vuole il comandante, quindi chiedo un touch and go.
Mi allineo, stavolta meglio (oddio, non perfetto, ma diciamo che me la sono cavata), e faccio uno degli atterraggi più belli della mia vita di pilota. Forse un po' cortino, ma il punto di mira è parecchio avanti rispetto alla soglia pista. Centro la linea bianca, lascio rallentare un po', mi godo il momento, e poi si riparte.
Altro giro altro regalo, stavolta è un full stop. Atterraggio non migliore del primo, forse un po' stortino, però con 45 metri di pista ci si può permettere questo ed altro.
Rullaggio più bello del mondo, con doccia finale di Fabio, perché pilota bagnato, pilota fortunato....

Volo da solo

E quando, da allievo, aspetterai l'atterraggio di un liner a Montichiari, ricorderai che nella sua cabina c'è un comandante che ascolta il suono indescrivibile del frullare allegro dell'elica del tuo aeroplano.

Il comandante sa bene di essere arrivato fin lì custodendo i ricordi della scuola di volo e del primo decollo tutto solo, con il sedile di destra incredibilmente vuoto. E del Suo Istruttore. Di chi gli ha messo le ali, per sempre.

Grazie Fabio, grazie Francesco...

venerdì 11 marzo 2011

Classificazione dei libri gioco

Prima di introdurre il metodo di sviluppo dei libri gioco, vorrei provare a tracciare una classificazione dei libri gioco. Questo ci serve per capire cosa vogliamo ottenere per poi scegliere al meglio le varianti dei metodi di sviluppo.
Un primo criterio per la classificazione è il numero di finali.
Non è detto che un libro gioco con un solo finale sia un brutto libro gioco. Anzi, la possibilità di arrivare al finale in più modi (o magari raccogliendo più o meno oggetti o punti) fa la ricchezza del libro gioco.
Poi i libri gioco si possono classificare secondo l'ambientazione.
È un critero meno rigoroso, del precedente, ma serve comunque per capire. La prima ambientazione che viene in mente di solito è il giallo-poliziesco. In questo caso il protagonista (e alter-ego del lettore) dovrà dimostrare particolare abilità nel capire gli indizi disseminati nel testo per arrivare alla soluzione.
Un altra ambientazione può essere una "caccia al tesoro" dove il lettore viene guidato attraverso una serie di enigmi o di prove che lo porteranno al finale.
Una terza ambientazione possibile è quella medieval-avventurosa. Il protagonista incappa in una situazione complicata e deve destreggiarsi usando trucchetti vari,
Una quarta possibile ambientazione, è quella mitologica. In questo caso, noi siamo degli dei che possono agire su una vicenda umana da spettatori.
Ovviamente le ambientazioni sono abbastanza infinite, ma useremo queste come esempio di come sfruttare il metodo di sviluppo in maniera efficace..
Altra cosa è la presenza o meno di eventi casuali.
Idra prevede una gestione molto intelligente degli eventi casuali, impedendo sostanzialmente di ritentare l'evento casuale per cambiarne il risultato.
Un evento casuale rende impossibile ripercorrere ripartendo da zero lo stesso percorso, rendendo più complicata la progettazione. Inoltre complica le cose in fase di progetto senza un grande valore aggiunto. Quindi scarterei almeno momentaneamente questa possibilità.
Questo è quanto mi viene in mente. Se ci sono altre cose da notare, commentate pure. Terrò conto (e riconoscerò la parternità) dei suggerimenti!

Libri gioco 3

Eccoci alla terza puntata sullo sviluppo di un libro gioco.
Nel frattempo è stato pubblicato il primo libro gioco prodotto dai ragazzini della quinta elementare, utilizzando Idra. Lo trovate su librigioco.vezzaboys.it.

Si parlava di come fare un libro gioco che non fosse un mero esercizio stilistico.
Per evitare di fare un grafo che diventa enorme, operiamo una serie di semplificazioni che porteranno a fare due grafi.
Il primo grafo, rappresenta la mappa del mondo, ovvero dove il nostro alter ego (ovvero il personaggio che "pilotiamo") andrà a muoversi. Inizialmente supponiamo anche che il personaggio possa andare ovunque fin dall'inizio.
Una volta definita la mappa del mondo, bisogna definire il grafo degli stati.
Il grafo degli stati definisce il percorso virtuale che il personaggio dovrà fare per concludere il libro gioco. Gli archi del grafo dovranno essere annotati con l'azione che porta lo stato al nodo successivo, e magari anche con il luogo (se importante) dove può avvenire questo passaggio.
Questo grafo ricorda un po' il grafo con cui descrivevamo le pagine nelle prime stesure, con alcune variazioni.
Il grafo può essere una cosa lineare. Se l'avventura è una caccia al tesoro, il grafo è lineare. Ovviamente la cosa è tanto più interessante quanto più complicati, astrusi o interessanti sono i passaggi che permettono di andare da un posto all'altro.

martedì 8 marzo 2011

Libri gioco

Da quando ho scoperto Idra, libreria Javascript per la creazione di libri gioco, sto pensando a un modo per supportare un creativo nella costruzione di un libro gioco di successo.
Nel senso, io non sono un creativo, e nemmeno un letterato. Quindi non ho idea di come si scriva un libro. Però, dopo aver goduto di molti libri gioco, prima cartacei e poi digitali, e visto il mio background informatico, posso mettere delle regole che a un creativo non verrebbero mai in mente, ma che fanno la differenza nel risultato finale.
Vedendo poi la recente esperienza di ragazzini di 5 elementare di Vezza, mi sono venute alcune considerazioni.
La prima è che, in ultima analisi, un libro gioco è rappresentabile con un grafo orientato. I vari nodi sono le pagine, e i lati sono i possibili cambiamenti di pagina.
La prima cosa fondamentale (sulla quale una persona non esperta può cadere) è che, perché la cosa sia efficace il passaggio di pagina deve implicare una SCELTA. Ovvero una azione volontaria del protagonista. Questa cosa a me sembrava assolutamente chiara, ma ho scoperto che non è così.

Il racconto più semplice che possiamo pensare, ha un grafo a forma di albero.
Ogni pagina ha due o più uscite, date dalla scelta di una azione, e non è possibile ricondursi a una situazione precedente. In un certo numero di passi, si arriva per forza alla soluzione. Il numero di pagine lette è compreso tra un minimo e un massimo, che sono poi le profondità minima e massima dei nodi dell'albero senza uscita.

La scelta di un racconto di questo tipo è probabilmente la migliore per iniziare soprattutto per i ragazzini. È necessario scrivere molto (un albero di almeno 5 piani quindi di 5 scelte, con scelta doppia per ogni "piano" richiede di scrivere almeno 31 pagine) e si familiarizza su cosa è un libro gioco. Inoltre è facile parallelizzare il lavoro, nel senso che ogni gruppetto può occuparsi della stesura di uno dei rami.

Cominciando a complicare le cose, l'albero delle scelte può cominciare a diventare un grafo. Magari si può cominciare a condividere un po' i finali (si può arrivare allo stesso finale in due modi diversi), e poi man mano complicare il grafo delle opzioni fino ad arrivare a un grafo vero (ovvero una cosa che dell'albero non ha più nulla se non un singolo punto iniziale e una serie di punti finali). La cosa è complicata a piacere, e può risultare difficoltoso seguire tutti i possibili flussi.

Il passo successivo per complicare le cose è l'introduzione di uno stato.
Uno stato è una serie di variabili che possono attivare o meno alcune connessioni tra le pagine. Gli esempi classici di stato sono tre: uno zaino con degli oggetti, oppure la possibilità di guadagnare delle somme di denaro, oppure l'acquisizione di informazioni quali password o parole d'ordine.
In prima approssimazione, la presenza o meno di un oggetto, o di una quantità di denaro possono sbloccare alcune azioni, ovvero il passaggio di pagina in pagina. In questo modo il grafo modifica la sua topologia durante lo svolgimento della storia. La situazione diventa abbastanza rapidamente piuttosto complicata, e diventa indispensabile una fase di test del libro, possibilmente fatta da persone che poco o nulla c'entrano con il libro. Il tester dovrà principalmente curarsi di provare il più possibile tutte le strade che gli si presentano, e non solo le possibilità più logiche o più ragionevoli.

A presto l'introduzione di un modo per sviluppare un libro gioco sufficientemente complicato da essere divertente da giocare (e non un mero esercizio stilistico).

sabato 5 marzo 2011

Acrobazia e viti

Nella fase 1 dell'addestramento, c'è un esercizio, di solito teorico, che descrive le manovre per il riconoscimento e l'uscita dalla vite. Di solito è teorico perché la scuola non ha a disposizione né un aereo né un istruttore acrobatico. Il mio istruttore per esempio, non ha mai visto in pratica la vite, anche perché i PA-28 non sono certificati per una vite intenzionale.
Però l'Aeroclub di Brescia è anche scuola di volo acrobatico, e ha in "dotazione" un aereo acrobatico: un CAP 10, addestratore acrobatico con un motore da 180 cavalli. Ha un MTOW di 830kg, quindi un paio di quintali in meno del PA-28.
Risulta quindi molto più reattivo e molto più scattante rispetto al PA-28, grazie anche alla cloche che permette spostamenti molto più rapidi rispetto al volantino.
Inoltre ha il carrello biciclo (come i primi aerei, ovvero con il carrello principale anteriore e un ruotino pivottante in coda), che crea altri problemi.
Allora, sull'acrobatico si mette il paracadute, si ha una cintura a 6 punti di aggancio (due sopra le spalle, due ai lati delle cosce e due in mezzo alle gambe), più una ulteriore cintura di sicurezza.
La sensazione è di avere in mano un go kart, reattivo, scattante, quasi "violento" nei suoi movimenti. Causa del peso leggero, delle ali comunque grandi e della coda che ha una superficie comunque superiore rispetto agli aerei normali.
La missione è stata di portarci in zona di sicurezza (sul lago) e a una quota tale da non rischiare di andare a sbattere in terra in caso di problemi, poi 2 viti intenzionali e due per comandi incrociati.
La vite intenzionale è sostanzialmente uno stallo normale, che nella sua fase terminale con una spedalata si porta l'aereo in vite. Per uscirne, si dà pedale al contrario, e l'aereo interrompe immediatamente la vite, si orizzontalizzano le ali e poi si fa la rimessa normale dallo stallo.
Impressionante la velocità con la quale le cose succedono: in vite si perdono 300 piedi AL SECONDO. Insomma si è a terra in pochi secondi se non si prendono contromisure immediate.
La vite per comandi incrociati si può avere nella virata in base o in finale, quando si cerca di inclinare il meno possibile le ali. Per girare si usa il pedale (comunque improprio), e si mette volantino al contrario per contrastare il rollio indotto. In breve tempo ci si trova con i comandi incrociati (tutto piede destro e tutto volantino al contrario) e l'aereo di botto comincia ad avvitarsi verso terra. Nessun buffeting, nessun segno premonitore.
Immediatamente piede al contrario, si blocca la vite e via di rimessa. L'impressione è che, se capita virando in base, se ne esce, magari facendo il pelo alle case, ma se capita virando in finale bisogna essere veramente svelti per uscirne senza sbattere.
Insomma, impressionante vedere la terra riempire il parabrezza, vederlo ruotare, sempre più veloce, spettacolare la sensazione di "rinascita" quando si rivede un po' di cielo...
Tutti i piloti dovrebbero provarci, e se continuerò a volare, periodicamente un giretto sull'acrobatico lo farò di sicuro, perché la cosa è talmente improvvisa, imprevista e imprevedibile che bisogna essere pronti per reagire...